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Primo Capitolo
Come tutto è iniziato
Avevo abbandonato il veicolo, distrutto durante quel tremendo impatto avvenuto durante quella dannata tempesta, da diversi giorni e stavo affrontando quella distesa di sabbia e rocce sotto al Sole cocente.
Camminavo senza sosta, nella speranza di trovare un barlume di civiltà dove avrei potuto trovare un veicolo per proseguire in seguito il mio viaggio verso nord.
Purtroppo, l’area che stavo attraversando non mostrava segni di civiltà, non c’era anima viva.
Mi ritrovai completamente solo a vagare tra quelle terre, senza alcuna speranza, mentre la catena montuosa che intendevo raggiungere era sempre più vicina.
Andai avanti, ponendo una notevole resistenza al caldo estremo e alla stanchezza che si faceva sentire, fino a quando decisi di fermarmi approfittando del tramonto che stava giungendo.
Sistematomi alla meglio tra alcune rocce, rovistai all’interno del mio zaino alla ricerca della borraccia con la poca acqua rimanente e di una delle mie scatolette di cibo per cani.
Trovato il tutto, aprii la scatoletta ed iniziai a consumarla muovendo lo sguardo attraverso ciò che rimaneva del mondo che conoscevo, ridotto ormai solamente ad una distesa infinita di sabbia.
E mentre consumavo il mio pasto, mi immersi in quelle riflessioni che ero solito fare in quei momenti rivolte al tempo passato.
Rivolte a quel periodo in cui la nostra civiltà venne distrutta prima dalla violenza della natura e dalla follia dei generali poi.
Quando mi immergevo in quelle riflessioni, tenendo lo sguardo rivolto verso il mondo circostante, osservando come fosse ridotto, imbattendomi nelle conseguenze di quanto venne fatto nel passato, arrivavo molto spesso alla conclusione che al mondo ci siano due tipi di persone: i soldati e i generali.
I primi erano quelli nati per ricevere ordini e per seguirli alla lettera, senza porsi nemmeno il problema se ciò che gli viene ordinato fosse giusto o sbagliato.
Venivano spediti in prima linea, in posti pericolosi, sotto il fuoco nemico e sotto i bombardamenti, mettendo a serio rischio la propria vita.
Anche i civili appartenevano a quella categoria, secondo il mio punto di vista, poiché anche loro si attenevano a quanto gli veniva detto, o imposto, dai governi, dai loro datori di lavoro, da chiunque si presumeva abbia avuto potere sulle loro vite.
Anche loro, come i soldati, non si ponevano domande e eseguivano quanto gli veniva chiesto, nel bene o nel male.
I secondi erano quelli che stavano lontani dalla guerra e dalla morte certa, ovvero quelli che dirigevano le operazioni, quelli che prendevano decisioni, quelli che davano gli ordini.
Quelli, in parole povere, che mandavano a morire i primi.
Furono quegli stessi uomini, i generali, dopo essere stati interpellati dai governi di tutte le nazioni, a decidere di scagliare i missili nucleari contro la cometa in rotta di collisione con il nostro pianeta.
Quel sasso, con un diametro di circa nove chilometri, composto da rocce, metallo e ghiaccio, si stava dirigendo verso il nostro piccolo e indifeso pianeta.
Proveniente dalle profondità del cosmo, aveva attraversato l’intero sistema solare e, dopo essere stato deviato dal campo elettromagnetico di Giove, stava puntando contro di noi con la sua magnifica coda.
E lo stava facendo senza preoccuparsi troppo dei miliardi di esseri umani che ci vivevano sopra.
Come accadde per i dinosauri milioni di anni prima, anche gli umani si stavano preparando ad affrontare l’estinzione della propria specie.
Salutato il pianeta Marte, la cometa si diresse verso la Terra acquistando velocità e mostrandosi sempre più minacciosa.
Quando la cometa oltrepassò l’orbita lunare, i generali diedero l’ordine di scagliarle contro centinaia di missili nucleari, appositamente modificati per poter volare al di fuori dell’atmosfera terrestre.
L’idea, suggerita da una parte della comunità scientifica, era quella di colpire la cometa per deviare la sua corsa omicida, nonostante qualcuno avesse detto loro che sarebbe stato come sparare con un fucile giocattolo contro un treno in corsa e che sarebbe stato più intelligente costruire dei bunker sotterranei per accogliere il maggior numero di persone possibile.
Quel qualcuno non venne ascoltato.
I missili, lasciata l’atmosfera terrestre, puntarono contro quel proiettile cosmico e andarono a colpire la sua superficie frantumandola, senza però riuscire a deviare la sua corsa.
Quell’unico proiettile venne fatto a pezzi dalle detonazioni nucleari che lo trasformarono in migliaia di proiettili puntati sopra le nostre teste.
Nel frattempo, in tutte le città del mondo si era scatenato il panico.
La gente si riversava nelle strade e distruggeva tutto ciò che incontrava.
Altri, spinti dall’istinto di sopravvivenza e dalla paura, tentarono di fuggire da quella confusione per cercare un barlume di salvezza e recarsi sulle alte montagne o nascondersi tra i boschi.
Per tentare di calmare quelle persone, vennero inviati i soldati per tentare di contenere quelle manifestazioni di rabbia e di disperazione, e per aiutare i civili in fuga dalle città.
Purtroppo, i soldati si ritrovarono alle strette e con le spalle al muro.
Vennero sopraffatti da quelli che stavano distruggendo tutto ciò che incontravano, il quali sfogarono su di loro le loro paure, la loro rabbia.
Vista la situazione incontrollabile, venne dato l’ordine di aprire il fuoco sui civili.
Quello fu l’ennesimo fallimento dei generali.
Migliaia di persone morirono solo per aver manifestato la propria paura di fronte alla morte.
Poche settimane dopo, i frammenti della cometa entrarono all’interno dell’atmosfera terrestre, lasciando dietro di sé delle scie di fumo nell’azzurro dei cieli.
Saette infuocate colpirono tutta la superficie del pianeta, distruggendo tutto ciò che trovavano di fronte a loro.
Miliardi di persone persero la vita durante quel bombardamento della natura dal quale non c’era scampo.
Le grandi città vennero distrutte e si sollevò in cielo una coltre di polvere e detriti che coprì il Sole per decenni.
Purtroppo per noi, non era ancora finita lì.
La distruzione dell’umanità, di tutto ciò che aveva costruito nei secoli, era appena iniziata.
Quel poco che rimaneva dei governi, che nel frattempo si era nascosto in bunker sotterranei, puntò il dito contro i generali, i quali vennero incolpati della distruzione dell’umanità.
Questi, pur di non ammettere il loro fallimento, iniziarono ad incolparsi a vicenda per quanto accaduto.
Bramosi di dimostrare che erano nel giusto, si attaccarono a vicenda senza neanche discuterne coi loro governi.
Fu una guerra totale che distrusse quel poco che era rimasto in piedi del nostro mondo.
Senza preoccuparsi delle conseguenze, lanciarono le testate nucleari rimaste su tutto ciò che si muoveva.
L’umanità, messa prima in ginocchio dalla cometa, fu annientata dalla guerra.
In pochi sopravvissero alle conseguenze delle decisioni sbagliate prese da quei generali.
Dalle ceneri della nostra civiltà millenaria, nacque un mondo privo di regole e privo di una guida, come lo erano i vecchi governi.
I sopravvissuti, inermi e spaventati, dovettero affrontare aree altamente radioattive, dove era impossibile vivere, e drastici squilibri climatici che rendevano difficile la vita stessa.
Ma anche di fronte alla fine, l’umanità non si arrese.
Nacquero piccole comunità un po’ ovunque tra la polvere e le macerie del vecchio mondo.
In quei piccoli villaggi, dove disperazione e voglia di sopravvivere regnavano, prevaleva la regola del più forte.
Quelle piccole comunità erano in mano ai Signori della Sabbia, così si definivano loro con scarsa fantasia.
Perfetti psicopatici, con al seguito altrettanti psicopatici, pretendevano di dominare sulle terre devastate, facendosi la guerra l’uno con l’altro per poter allargare i propri confini e conquistare altri mezzi di sostentamento.
Pochi sognatori formarono delle carovane e si dedicarono alla vita nomade, spostandosi continuamente attraverso quelle terre devastate, in cerca di cibo, di carburante e di una terra dove ritornare a vivere come un tempo.
Quella gente cercava di sopravvivere come meglio poteva, resistendo agli attacchi dei banditi e dei Signori della Sabbia.
Ma non si arrendevano, procedevano a denti stretti, seppellendo i propri cari lungo il loro cammino.
I più disperati iniziarono a cibarsi di carne umana, aggregandosi in piccole comunità oppure rimanendo da soli in cerca di prede, assalendo i viandanti e cucinandoli a pennello.
Non badavano molto allo stato di salute delle loro prede e spesso si cibavano di umani contaminati dalle radiazioni.
Anche loro, a causa di quella alimentazione apocalittica, presentavano gravi disturbi mentali, i quali venivano accompagnati da insoliti tremolii alle mani o alle ginocchia.
Quello che non capivo era se quei disturbi mentali fossero causati dal tipo di alimentazione o se furono proprio quelli ad indurli verso la carne umana.
In mezzo a tutto quel disordine c’ero io.
Un uomo solo in fuga dai vivi, in fuga dai morti, in fuga da quell'umanità che stava cercando di emergere dalla sua rovina senza riuscirci, cercando la parte migliore che ne rimaneva.
Mi ero ridotto ad essere un uomo spinto solamente dall'istinto di sopravvivenza e la cosa mi andava più che bene.
Vagavo da solo attraverso le terre devastate, spostandomi da una zona all’altra in cerca di cibo e di un veicolo funzionante che potesse portarmi verso l’oceano, dove a quanto mi era stato detto, la vita era meno estrema rispetto alle terre devastate e stavano sorgendo piccole comunità organizzate come lo erano un tempo.
L’unico problema era che per raggiungere la mia destinazione, dovevo affrontare i vari Signori della Sabbia che avrei incontrato lungo il mio cammino, avrei dovuto imbattermi nei mangiatori di uomini e in tutta la pazzia che stava regnando là fuori.
Perso tra quei ricordi, e quelle riflessioni, nemmeno mi accorsi che la notte era sopraggiunta andando a celare quanto mi circondava.
Sollevai lo sguardo per rivolgerlo verso le stelle che splendevano in cielo e le osservai per diversi istanti, prima di coricarmi per cercare di dormire qualche ora, visto che il giorno seguente mi avrebbe aspettato una lunga camminata.