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Primo Capitolo
Senza carburante
Quando mi chiesero se fossi stata disposta a viaggiare attraverso il cosmo a bordo di un'astronave tutta mia, e mi parlarono di un'agenzia segreta che collaborava con creature aliene, scoppiai a ridere ed etichettai quella persona come un pazzo.
Lasciai quell’uomo, insieme alla sua assurda offerta, al tavolo di quel ristorante dove lo incontrai e me ne andai con le lacrime agli occhi, causate dalle risate che feci, incredula di quanto mi avesse detto pochi istanti prima.
Giunta sull'arco della porta di quel ristorante, dopo aver salutato il cameriere che conoscevo ormai da diversi anni, mi fermai un istante, rimanendo con lo sguardo rivolto di fronte a me.
In quell'istante smisi di sorridere e divenni seria.
Abbassai lo sguardo per rivolgerlo verso il pavimento e avvicinai una mano al viso per asciugarmi le lacrime che avevo intorno agli occhi.
Rimasi immobile per alcuni interminabili istanti, ripensando a quanto mi aveva detto poco prima quell’uomo.
Decisi di voltarmi lentamente verso di lui, che era rimasto seduto al tavolo dove lo avevo lasciato.
Mi accorsi che aveva ancora lo sguardo rivolto verso di me e mi fissava, senza mostrare un minimo di turbamento causata dalla mia reazione.
Incrociando il mio sguardo con il suo, sentii un brivido percorrermi tutta la schiena.
Nonostante avessi riso di lui e di quanto mi aveva raccontato per tutto il tempo del nostro incontro, notai dal suo sguardo che non era affatto disturbato dalla mia reazione.
Anzi, mi guardava come se fosse preparato ad una reazione come quella che ebbi nei suoi confronti.
Quell’uomo se ne stava seduto con le gambe accavallate e con quello sguardo rivolto verso di me, nel quale notai un’espressione di fiducia e speranza.
Nonostante fossi scoppiata a ridere quando mi parlò di quelle cose sul viaggio spaziale e della sua alleanza con una civiltà aliena dedita all’esplorazione spaziale, lui era ancora lì, con la stessa calma e compostezza che aveva tenuto per tutto il tempo del suo discorso.
In quell’istante mi sentii dispiaciuta per il modo con cui avevo reagito alle sue parole e provai anche un senso di vergogna.
Così, sollevai lentamente una mano per salutarlo e, senza attendere una sua risposta, mi voltai verso l’uscita del ristorante e me ne andai.
Uscita da quel locale, mi ritrovai in mezzo al marciapiede, dove passeggiavano altre persone che, per evitarmi, mi passarono davanti agli occhi e dietro le spalle.
Mi guardai intorno, mentre assaporavo l’aria fresca che si trovava là fuori, mentre mi sistemavo la borsa che tenevo sulla spalla.
Pronta ad incamminarmi verso casa, infilai le mani nelle tasche della giacca che mi riparava dal freddo.
Nella tasca sinistra trovai qualcosa di simile ad un cartoncino, di cui non sapevo nulla, poiché la tasca doveva essere vuota.
Lo tirai fuori e vidi che era una specie di biglietto da visita, su cui trovai scritto a penna un indirizzo, accompagnato da un invito a presentarmi in quel luogo quando mi sarei sentita pronta.
«E questo?» mi chiesi, mentre tenevo lo sguardo rivolto verso quel biglietto da visita che, pensai, era stato infilato nella tasca della giacca da quello strano tizio.
«Non mi sono accorta di nulla… forse dovrei recarmi in quel posto?» mi chiesi, dopo aver riletto quel messaggio.
Fu a causa di quel biglietto da visita che mi ritrovai con indosso una tuta spaziale, un casco dotato di varie strumentazioni per l’analisi degli ambienti che avrei incontrato e a bordo di un’astronave da esplorazione concessa dall’alleanza della Gilda Galattica degli Esploratori.
Prima della mia partenza, mi venne insegnato tutto ciò che mi sarebbe stato necessario per affrontare il mio viaggio, che mi avrebbe permesso di arrivare là dove nessun essere umano era mai stato prima.
In seguito, mi diedero un’astronave, della quale mi innamorai appena la vidi, e mi assegnarono un settore della galassia che avrei dovuto esplorare.
Il mio viaggio esplorativo era iniziato da poco tempo e avevo visitato alcuni piccoli pianeti, dove trovai curiose forme di vita e nuovi paesaggi da ammirare.
Il mio compito principale era analizzare l’atmosfera del pianeta che stavo visitando e catalogare le varie forme di vita con cui mi imbattevo, sia animali che vegetali.
Il compito secondario era quello di trovare minerali e sostanze che mi avrebbero permesso di alimentare la tuta e la mia astronave.
Per la tuta avevo bisogno di carbonio e sodio, sostanze che avrebbero permesso il corretto funzionamento dei sistemi di sopravvivenza.
Solitamente trovavo quelle sostanze nei vegetali, che mi permettevano anche di ottenere particelle di ossigeno, cosa di cui non avrei mai potuto fare a meno.
Per l’astronave dovevo trovare materiale radioattivo, che dovevo maneggiare con cura per non venire irradiata, nonostante la tuta offrisse la giusta protezione.
Altrimenti, non sarei riuscita a sopravvivere durante quei viaggi.
Comunque, una volta raccolte le informazioni riguardanti il pianeta che stavo visitando e una volta ritornata in orbita, dovevo trasmetterle alla gilda, in modo da arricchire il suo archivio.
Ero da poco uscita dal salto a curvatura e mi trovavo in un sistema solare composto da un paio di piccoli pianeti che ruotavano attorno ad una stella gialla di piccole dimensioni, molto minori rispetto a quelle del nostro Sole.
Ripristinata la normale velocità da crociera, attivai i comandi per raffreddare i propulsori quando mi accorsi che ero a corto di sostanze radioattive per alimentare l’astronave.
Senza perdermi d’animo, attivai lo scanner per analizzare quei due piccoli mondi, che ruotavano nel loro moto perpetuo intorno a quella stella, e attesi il risultato delle analisi.
Quando furono pronte, vidi che uno dei due pianeti aveva un’atmosfera tossica, a causa della forte attività vulcanica presente sulla sua superficie, ma presentava tracce di materiale radioattivo che avrei potuto raccogliere.
Speranzosa di trovare quanto mi serviva per proseguire il mio lungo viaggio, mi sistemai sul sedile ed attivai il sistema di navigazione, in modo che calcolasse la rotta che mi avrebbe permesso di raggiungere quel pianeta.
Mentre i calcoli erano prossimi alla conclusione, manovrai l’astronave per puntarla verso quel piccolo pianeta ed attivai il motore a impulsi, in modo da raggiungerlo nel minor tempo possibile.
Una spinta improvvisa, che mi scagliò verso lo schienale del sedile con forza, segnò l’attivazione di quei motori, che avviarono la mia astronave a gran velocità verso quel pianeta che diveniva sempre più grande di fronte ai miei occhi.
Il viaggio per raggiungere la mia destinazione durò solo pochi minuti.
Appena l’astronave sentì gli effetti della gravità di quel pianeta, venne disattivato il motore a impulsi per procedere con quello che mi avrebbe permesso di volare fino alla sua superficie.
Afferrai la cloche e la leva che permetteva di controllare la potenza dei motori per rallentare la nave ed abbassarmi di quota.
Mi avvicinai alla superficie e cercai un posto dove atterrare, per scendere a terra ed andare a cercare quanto mi serviva.
Mentre mi dirigevo verso la superficie rocciosa di quel pianeta, attivai lo scanner per analizzare il mondo che si trovava sotto di me.
Lanciato l’impulso, attesi alcuni istanti prima di leggere i dati analizzati, fino a quando trovai un giacimento di materiale radioattivo a pochi chilometri dalla mia posizione.
Così, azionai la cloche per dirigermi verso quel posto.
Sorvolai l’area e ridussi la velocità della nave, in modo da procedere poi con l’atterraggio.
Una volta a terra, abbandonai l’astronave dopo aver indossato la tuta spaziale.
Cominciai a vagare sulla superficie di quel pianeta alla ricerca del giacimento di materiale radioattivo che avrei usato per alimentare la mia astronave.
Una volta rifornito il mio velivolo, avrei ripreso i miei viaggi attraverso quei cielo di nessuno.