Michele Scalini
Il ritorno della Liberty
Il ritorno della Liberty
Trama:
Dopo una rapina in banca, Michael Fleming si trova in fuga da uno sceriffo ostinato e si imbarca sulla sua nave spaziale, la Liberty, con destinazione Europa.
Lì, intende installare un nuovo motore a curvatura e sbrigare alcune questioni personali.
Tuttavia, i suoi piani vengono sconvolti quando l'amica Giulia viene arrestata dallo sceriffo locale, obbligandolo ad orchestrare una fuga audace.
Liberata Giulia, il viaggio della Liberty prosegue con entusiasmo, ora che il nuovo motore a curvatura promette avventure senza precedenti.
Ma il divertimento viene bruscamente interrotto dalla ricezione di un enigmatico messaggio anonimo che li convoca ad un incontro segreto su Ganimede.
Spinti dalla curiosità, Michael e il suo equipaggio si dirigono verso il satellite, solo per scoprire una cospirazione che minaccia l'intera periferia del sistema solare.
Mentre l'indagine si approfondisce, i nostri eroi devono confrontarsi con forze oscure e rivelare verità sepolte, mettendo alla prova il loro coraggio e la loro lealtà in una corsa contro il tempo per salvare i pianeti esterni da una catastrofe imminente.
Dettagli Prodotto:
Editore: Independently published
Data pubblicazione: 31 Agosto 2024
Lingua: Italiano
Copertina flessibile: 251 pagine
ISBN: 979-8337913803
Genere: Fantascienza, Avventura, Azione, Western
Primo Capitolo
Dopo esser atterrati su quella luna, insieme a Sarah, mi recai nella locanda di quel villaggio per mangiare un boccone prima di entrare in azione.
Una volta entrati, ci sedemmo al primo tavolo libero che trovammo e attendemmo il cameriere, un ragazzotto del posto con l’abitudine di infilarsi le dita nel naso per passare il tempo.
Con una gentilezza che non avrei considerato a prima vista, ci consigliò le specialità della casa.
Di comune accordo con la mia socia in affari, accettammo quanto consigliato e lo consumammo in silenzio.
Appena finito di pranzare, pensai che fosse arrivato il momento di rinfrescarci le idee e ricontrollare i dettagli del nostro piano d’azione, per essere sicuro che tutto fosse chiaro.
Il nostro piano prevedeva di raggiungere quella banca che si trovava sull’altro lato della strada, proprio di fronte alla locanda in cui ci trovavamo, ed entrare al suo interno come se fossimo una comune coppia.
Non avendo intenzione di imbattermi in qualche problema con la legge, avrei lasciato Sarah nelle vicinanze della porta d’ingresso, dove avrebbe potuto controllare la strada e avvisarmi in tempo di eventuali imprevisti.
Con la donna impegnata a coprirmi le spalle, mi sarei recato dalla cassiera di uno dei tanti sportelli che aveva accesso alle cassette di sicurezza custodite in quella banca.
E in quella banca, veniva custodita una cassetta che ci interessava particolarmente, soprattutto per il suo contenuto.
All’interno di quella cassetta avremmo trovato una borsa, ma non ne conoscevamo il contenuto, come capitava di solito.
A noi interessava finire il lavoro, senza imbatterci nei soliti imprevisti, e incassare la nostra parte.
Non eravamo persone che facevano troppe domande; sapevamo che tendevano a rovinare gli affari, e noi eravamo dei professionisti seri.
In banca, con la persona che mi avrebbe seguito allo sportello, non avremmo avuto problemi.
Franklin, il nostro socio in affari che ci aveva commissionato il lavoro, si era preso il disturbo di procurarci i documenti falsi per poter accedere a quella cassetta di sicurezza.
Tutto sarebbe filato per il verso giusto!
Non avremmo avuto bisogno di ricorrere alle armi.
Almeno stavolta.
«Quei documenti sono di ottima fattura… sembrano stampati dal governo stesso. Gli uomini di Franklin hanno fatto un ottimo lavoro. Dovrai solo fingerti Paul Robertson per qualche minuto… finché non metterai mano su quella borsa» disse Sarah guardando quei documenti che tenevo in mano.
«Ed io sarò la tua signora» fece infine sorridendo.
«Sì, i documenti sono ottimi… andrà tutto per il verso giusto» risposi alla donna.
Guardai negli occhi la mia amica, fino a quando riposi i documenti nella tasca della giacca e presi delle banconote per pagare il conto del pranzo.
Lasciai i soldi sul tavolo e, con la mia amica, uscimmo dalla locanda per dirigerci verso la banca che si trovava sull’altro lato della strada.
Attraversammo quella strada polverosa e ci avvicinammo verso l’entrata della banca, intanto che venivamo circondati da altri cittadini e alcuni carri trainati dai cavalli.
Giunti a destinazione, ci avvicinammo ad una delle finestre, in modo da dare un’occhiata all’interno per controllare la situazione.
Osservai con attenzione cosa ci stava aspettando all’interno di quell’edificio in legno residuo del periodo coloniale e ristrutturato alla meglio, anche se, dal mio punto di vista, le pareti esterni avrebbero avuto bisogno di una tinteggiata.
Sorvolando su banali dettagli, vidi che all’interno di quella sala si trovavano alcuni abitanti di quel villaggio polveroso, con indosso i loro abiti migliori, o della festa.
Sull’altro lato, si trovavano gli sportelli di quella banca, dove delle cassiere dal sorriso discutibile, stavano servendo i loro clienti.
Restammo per alcuni istanti di fronte all’ingresso di quella banca, guardandoci intorno per controllare la strada che passava dietro di noi, in modo da assicurarci che non ci fossero sbirri o gente del governo nei paraggi.
Dopo aver controllato, e sicuro che saremmo potuti entrare in azione senza problemi, feci segno alla donna che era arrivato il momento di entrare nella banca per procedere con il nostro lavoro.
Così, mi avvicinai alla porta d’ingresso, la aprii dolcemente e, con fare da gentiluomo, lasciai entrare prima la donna che era con me, per poi seguirla.
Una volta all’interno della banca, ci fermammo vicino ad un tavolo e fingemmo di discutere un po’, come facevano le comuni coppie in quelle situazioni.
Dopo alcuni istanti, lasciai Sarah e mi diressi al primo sportello libero, dove una giovane donna mi stava aspettando sorridente, mentre Sarah rimase a controllare l’atrio della banca.
«Buongiorno, signore, cosa posso fare per lei?» chiese la donna appena mi accostai al suo sportello.
«Buongiorno a lei, dovrei ritirare la mia cassetta di sicurezza» risposi sorridendo.
«Molto bene, signore, può favorire i documenti per piacere?» chiese lei gentilmente.
Ricambiai il sorriso alla donna e misi la mano nella tasca della giacca per afferrare i documenti che mi stava chiedendo.
Con delicatezza, li consegnai alla donna che li prese senza mai abbandonare il suo sorriso, per aprirli sotto ai suoi occhi incantevoli e controllarli.
«Molto bene, signor Robertson, attenda un istante per favore… vado a prendere la sua cassetta sul retro» disse la donna dopo aver controllato i documenti e verificato l’autenticità del codice di sicurezza sul computer che si trovava alla sua destra.
La donna, mantenendo il sorriso, lasciò i documenti sul ripiano di fianco al suo computer e mi lasciò allo sportello per recarsi nella stanza alle sue spalle, dove venivano custodite le cassette di sicurezza di quella banca.
Rimasi al mio posto ad aspettare che tornasse, con quanto richiesto, quando un uomo, che si copriva sotto ad un cappello, si accostò a me.
«Robertson? Paul… Robertson?» chiese aggiustandosi il cappello con una mano.
«Sì, signore, sono Paul Robertson in persona!» risposi senza voltarmi verso quello sconosciuto, mentre battevo le dita delle mani sul ripiano che si trovava di fronte a me.
«Curioso» fece lui.
«Si dà il caso che conosca un certo Paul Robertson. Anche quel Robertson ha una cassetta di sicurezza che custodisce proprio in questa banca e… si dà il caso… che non le assomiglia per niente» fece accostandosi leggermente.
Sentite quelle parole, smisi di battere le mani su quel ripiano, chiusi gli occhi trattenendo il respiro e poi chinai il capo verso il basso.
«E ti pareva» borbottai mentre sentivo i passi di quella donna che stava tornando da me.
Attesi alcuni istanti prima di aprire gli occhi e sollevare lo sguardo verso quella donna che si stava avvicinando a me con il suo sorriso e una cassetta metallica in mano.
Rimasi immobile ad osservare quella donna mentre si avvicinava a me, quando decisi di voltarmi lentamente verso quell’uomo al mio fianco, che continuava a mantenere lo sguardo fisso su di me.
Guardai quell’uomo dal basso verso l’alto, fino a quando soffermai sguardo nel suo.
Fu in quel momento che realizzai chi fosse veramente, e la cosa mi lasciò di ghiaccio.
Non riuscivo a credere ai miei occhi.
Per alcuni istanti mi chiesi come ci fosse sfuggito quell’uomo prima di entrare.
Quell’uomo, con indosso una giacca scura e una cintura con una bella pistola argentata che spuntava dalla fondina, nascondeva la sua sicurezza dietro una stella da sceriffo posta in bella vista sul bavero della giacca.
Rimasi ad osservarlo dritto negli occhi, mentre cercavo un modo per liberarmi di lui e di quella stella di latta che luccicava sotto ai miei occhi.
«La sua cassetta… signor Robertson» disse la donna appoggiando quella cassetta sul banco dello sportello.
«Grazie, signorina, molto gentile» risposi alla donna mentre impugnavo la pistola e la estraevo dalla fondina per puntarla contro lo sceriffo.
«Stia calmo, sceriffo, prenda la pistola lentamente e me la dia» dissi rivolgendomi a quell’uomo che aveva sollevato le mani in segno di resa.
«Devo dire che ha proprio un bel cappello!» aggiunsi per complimentarmi con il suo magnifico cappello.
«Davvero? Le piace?» fece lui soddisfatto dal mio complimento mentre mi porgeva lentamente la sua arma.
«L’ho preso alcuni giorni fa all’emporio in fondo alla strada» aggiunse indicando con il pollice dietro di sé.
«Davvero? Interessante! Finisco qui e ci farò un salto!» risposi a quell’uomo mentre afferravo l’arma dalla mano.
Nel frattempo, gli altri clienti presenti in quella banca si erano accorti di ciò che stava accadendo a pochi passi da loro.
Si voltarono tutti verso di me e rimasero impietriti nel vedermi mentre puntavo la pistola contro lo sceriffo di quel villaggio.
Sarah intervenne in mio soccorso, tentando di tranquillizzare quelle persone e dicendo loro che avevamo quasi finito e che non ci trovavamo in quella banca per i loro soldi.
Concluse dicendo che nessuno si sarebbe fatto male e che non avevamo intenzione di usare le armi, soprattutto su degli innocenti.
«Può gentilmente aprire quella cassetta?» chiesi alla donna che ci stava osservando quasi divertita.
«Come vede… al momento sono piuttosto impegnato. La mia amica sta tranquillizzando gli altri clienti, mentre io tengo sotto mira lo sceriffo… come ha detto che si chiama?» feci in seguito.
«Clara… mi chiamo Clara» rispose arrossendo leggermente in viso.
«Un nome davvero delizioso! Lavora qui da molto tempo?» domandai mentre la osservavo aprire quella cassetta.
«Non proprio… faccio un mese il prossimo venerdì» rispose continuando a sorridere timidamente.
«Le è capitata una giornata interessante, non le pare?» domandai nuovamente.
«Onestamente… mi avevano avvisato della possibilità di alcune rapine… durante il colloquio di lavoro, intendo dire» disse lei sottovoce, allungandosi con il corpo verso di me.
«Ma… ammetto che trovarcisi in mezzo… devo dire che è un’esperienza… elettrizzante» fece facendo vibrare leggermente il corpo.
«Come la capisco! Quella sensazione mista tra paura ed eccitazione… non c’è niente di meglio al mondo!» le dissi mentre prendevo la borsa che mi stava passando.
«Se avete finito di fare conversazione! Possiamo anche andarcene! Ormai abbiamo ciò che ci serve!» intervenne Sarah interrompendo quella piacevole conversazione.
«Sceriffo, se non le dispiace troppo, dovrebbe ammanettarsi a quella ringhiera» dissi allo sceriffo, che seguì alla lettera le mie istruzioni immediatamente.
«Grazie mille per l’aiuto, signorina Clara, mi dispiace, ma noi dobbiamo andare… le auguro una buona giornata» dissi alla mia nuova amica dopo averle rivolto lo sguardo.
«Buona giornata anche a lei» rispose gentilmente.
«Spero che torni a rapinarci presto… cioè… intendevo dire… a farci visita presto» disse infine sottovoce dopo essersi avvicinata a me.
Strizzai l’occhio a quella donna gentile e, dopo aver controllato le manette dello sceriffo, mi soffermai alcuni istanti ad ammirare il suo cappello, quando mi allontanai per raggiungere Sarah, che mi stava aspettando vicino alla porta, pronta per uscire.
Prima di aprire quella porta, smontai il caricatore dalla pistola dello sceriffo e gettai il tutto all’interno di un cestino dei rifiuti che trovai lì vicino, mentre Sarah mi prendeva la borsa dalle mani.
La donna uscì dalla banca dopo aver controllato la strada che passava là fuori per assicurarsi che non ci fossero altri imprevisti.
Quando feci per seguirla, mi fermai sull’arco della porta e mi voltai verso quelle persone che avevamo lasciato all’interno di quella banca e che ancora ci tenevano i loro sguardi intimoriti addosso.
«Come avete visto… non abbiamo preso niente di vostro… quindi…» dissi loro.
«Copriteci la fuga!» feci prima di andarmene in strada per raggiungere la mia amica.
Raggiunta la donna, ci incamminammo per la strada con passo svelto, ma disinvolto, senza mai voltarci dietro le nostre spalle.
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