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Primo Capitolo
Vita da criminale
Venni trovato quando avevo pochi giorni di vita all’interno di un puzzolente cassonetto della spazzatura, con il cordone ombelicale che ancora pendeva dal mio minuscolo stomaco.
Chiunque avesse avuto l’idea di lasciarmi lì si era anche preoccupato di attorcigliarlo con cura attorno al mio piccolo collo.
Mia madre biologica, donna previdente, aveva subito pensato di liberarsi di me appena mi ebbe dato alla luce.
Non l’ho mai conosciuta, ma considerando ciò che ero diventato, non potevo di certo biasimarla.
Per mia sfortuna, non fui uno dei tanti bambini che venivano trovati da monaci o da famiglie in grado di allevare un figlio come si deve.
Nel mio caso, furono dei criminali spaziali a trovarmi in quel cassonetto mentre andavano ad ammazzare qualcuno per soldi.
Vennero attirati dai miei lamenti e dai miei gemiti.
In fondo, a quei tempi, non sapevo ancora fare altro.
Uno di quegli uomini si prese il disturbo di aprire quel cassonetto e, dopo aver frugato tra la spazzatura, riuscì a trovarmi.
Vedendomi, piccolo e indifeso, gli venne la brillante idea di tirarmi fuori da lì e salvarmi per darmi una possibilità di vivere in quel pazzo mondo.
Preso da un istinto paterno che non sapeva neanche di avere, allungò le mani verso il mio piccolo corpo e mi tirò fuori da quel cassonetto della spazzatura e mi portò a contatto con dell’altra spazzatura.
Certo, era meno puzzolente di quella in cui ero stato trovato, ma rimaneva comunque della spazzatura.
Venni portato al loro ritrovo e, dopo avermi dato il tempo di imparare a camminare, mi insegnarono a uccidere in tutti i modi possibili.
Mi insegnarono a combattere a mani nude, con le armi da fuoco e con le armi bianche.
Mi diedero anche delle lezioni di volo.
Si preoccuparono della mia istruzione senza tralasciare troppi dettagli, visto che si presero anche la briga di insegnarmi a leggere e a scrivere.
A tredici anni commisi il mio primo crimine.
Il capo di quei criminali, un certo Silverman, mi affidò un incarico che poteva essere alla mia portata.
Il mio compito era quello di trovare un povero bastardo che aveva avuto la pessima idea di spacciare droga sintetica nel nostro territorio, recando minimi danni al nostro giro di affari.
Purtroppo per quel poveraccio, a Silverman non piaceva la concorrenza, voleva essere lui, e solo lui, a dominare sul suo territorio, senza intrusi.
Così, inviarono me.
L’ordine era di entrare in contatto con quel tale, fingere di voler acquistare della droga da lui e consegnargli il messaggio del mio capo che lo avrebbe convinto ad andarsene.
Fiero del mio primo incarico, mi armai di coraggio e andai a cercare quello spacciatore.
Lo trovai in un vicolo mentre vendeva quella roba a dei ragazzi.
Vedendolo, mi misi in coda per aspettare il mio turno, come facevano tutti gli altri.
Per tutto il tempo tenni lo sguardo rivolto verso il mio bersaglio, mentre avanzavo, passo dopo passo, verso di lui.
Quel tizio era un poco di buono sulla trentina, anche se dimostrava più anni di quelli che aveva.
Lo avevo già visto in giro per la strada e lo avevo visto atteggiarsi da gangster in alcuni locali notturni controllati da Silverman stesso.
Quando fu il mio turno, mi presentai a lui chiedendo la sua droga.
Lui, ignorando chi fossi e il vero motivo della mia visita, prese una bustina di pasticche dalla tasca della giacca e ne tirò fuori una per darmela.
Rimasi immobile a fissare quella pasticca mentre lui agitava la mano per intimarmi a prenderla e a pagare.
«Ho un messaggio per te» gli dissi dopo aver sollevato lo sguardo su di lui.
«Smetti di vendere la tua merda da queste parti e vattene finché puoi ancora farlo con le tue gambe» continuai guardandolo dritto negli occhi con fare minaccioso.
Quel tale non accolse il mio messaggio con gioia; anzi, mise la pasticca che aveva intenzione di vendermi nel sacchetto che teneva nell’altra mano e prese la pistola che teneva alla cintura.
Vedendo quell’arma, afferrai il suo braccio per evitare che me la puntasse addosso, poi presi il coltello che nascondevo dietro la schiena e glielo infilai dritto nello stomaco.
Quel tizio, con il sangue che gli usciva dallo stomaco, tentò di colpirmi col calcio della pistola in testa dopo che si era liberato della mia presa.
Mi scansai all’indietro per evitare di subire quel colpo e rimasi con lo sguardo su quel che quel tale che si sbilanciò in avanti dopo avermi mancato.
Vedendolo in quella posizione, ne approfittai per colpirlo alla gola con il coltello.
Affondai la lama con rabbia nelle sue carni, mantenendo lo sguardo su di lui che mi guardava con espressione spaventata, intanto che lasciava cadere a terra la sua arma.
Tolto il coltello dalla sua gola, lo osservai mentre cadeva a terra, andando a formare una pozzanghera di sangue sull’asfalto della strada in cui ci trovavamo.
Morì pochi istanti dopo sotto il mio sguardo innocente e quello degli altri ragazzi che si trovavano lì solo per la sua droga.
Del tutto indifferente a quel cadavere, presi la busta che custodiva le sue pasticche dalla tasca della giacca e poi presi i soldi dall’altra.
Preso il bottino di guerra, me ne andai per far ritorno dai miei salvatori, che mi accolsero caldamente per aver liberato le loro strade da quello spacciatore.
A vent’anni avevo già ucciso una trentina di uomini o forse più, non ne tenevo il conto, non mi importava affatto.
Ero diventato famoso nell’ambiente della criminalità ed ero rispettato e temuto ovunque andassi.
Divenni un assassino di professione.
Molti criminali mi ingaggiavano per eliminare altri criminali che tentavano di nuocere ai loro affari.
Ed ero diventato molto bravo a uccidere, uno dei migliori.
Ma quando si diventava famosi nell’ambiente criminale, si diventava famosi anche per gli sbirri.
Quando fui all’apice della mia carriera, quei fottuti bastardi iniziarono a darmi la caccia ovunque andassi.
Dovevo continuamente guardarmi le spalle e diffidare di chiunque incontrassi.
Vista la situazione che diventava ogni giorno sempre più difficile, fui costretto a sospendere la mia attività e cambiare città per nascondermi.
Fu in quel periodo che incontrai i Merker.
Nonostante avessi già sentito parlare di loro, non li avevo mai incontrati fino a quel momento.
I Merker erano cacciatori di taglie ed erano ovunque, in ogni città e su ogni pianeta abitato.
Erano ex poliziotti o ex militari in congedo che lasciarono le loro divise per mettersi a lavorare nel settore privato.
Ben pagati dalla federazione galattica, davano la caccia ai criminali, a quelli come me.
Non avevano regole, non rispondevano a nessuno delle proprie azioni.
Cacciavano, uccidevano o catturavano, e incassavano la taglia.
Non sapevano fare altro.
Riuscirono a catturarmi quando avevo circa venticinque anni.
Erano in sei ed erano sulle mie tracce da almeno tre mesi.
Mi trovarono in un vecchio motel nella periferia di una delle tante città in cui cercavo di nascondermi.
Mi accerchiarono e mi arrestarono, nonostante avessi tentato di scappare.
Naturalmente, vista la mia fama di criminale e la lunga lista di omicidi che avevo sulle spalle, venni portato in un carcere di massima sicurezza, così veniva identificato quel posto, ma non rimasi a lungo.
Riuscii ad evadere dopo un paio di mesi di soggiorno.
Trascorsi gli anni successivi entrando e uscendo dai loro carceri di massima sicurezza.
Ogni volta che riuscivo ad andarmene, una squadra di Merker tornava a prendermi ovunque mi trovassi, fino a quando scoprii che quei bastardi inserivano un localizzatore in tutti i carcerati.
Lo avevo dal primo carcere in cui ero finito.
Fu un dottore alcolizzato e con le mani tremolanti, che incontrai nei bassifondi di una delle tante città in cui cercavo di nascondermi, a togliermelo.
Quel dannato aggeggio era stato inserito nella mia bocca e trasmetteva la mia posizione ovunque mi trovassi.
Riuscii a starmene tranquillo per diversi mesi.
Non avere più addosso quel localizzatore evitò di farmi incontrare altri Merker e la mia vita da fuggitivo divenne meno complicata.
Però, da quel momento per loro divenne più difficile trovarmi.
Per complicare ulteriormente la loro attività, mi imbarcai come clandestino a bordo di una nave cargo e mi ritrovai in una città commerciale sul pianeta Kepler-Prime-B, lontano dai Merker e dagli amici che conoscevo un tempo.