Michele Scalini
Ritorno alle terre devastate
Ritorno alle terre devastate
Trama:
Jack e Marion, dopo aver raggiunto la costa oceanica, sono costretti a difendersi dall’assalto di un gruppo di feroci predoni della sabbia che li attaccano.
I due lottano contro i loro aggressori, dimostrando un coraggio da leoni, fino a quando sembrano prossimi alla sconfitta.
È in quel momento che vengono salvati da un gruppo di uomini che li invitano poi al loro villaggio, chiamato il Quartiere.
Mentre Marion rimane affascinata da quanto trovato in quel villaggio, Jack nutre dubbi e sospetti verso i suoi abitanti, che lo spingono ad indagare per scoprire se quella gente è quella che stava cercando da anni.
Dopo aver incontrato uno strano individuo tra le rovine della città morta, il quale conosce la storia del Quartiere, Jack scopre un segreto sconcertante: i padri fondatori adorano un ordigno nucleare, considerandolo al pari di una divinità, e compiono sacrifici umani in suo onore.
Di fronte a quell’ennesimo atto di follia, Jack prende una decisione drastica: abbandonare il villaggio e tornare ad affrontare le terre devastate.
Dettagli Prodotto:
Editore: Independently published
Data pubblicazione: 4 Luglio 2024
Lingua: Italiano
Copertina flessibile: 379 pagine
ISBN: 979-8332236273
Genere: Fantascienza, Avventura, Post-Apocalittico, Distopia
Primo Capitolo
Ritrovarmi su quella spiaggia insieme a Jack mi fece tornare in mente un uomo anziano che si presentò un giorno al villaggio in cui vivevo quando ero solo una bambina.
Dopo che gli adulti lo accolsero nella nostra comunità, radunò noi bambini ed iniziò a raccontarci storie di altri sopravvissuti che aveva incontrato lungo il suo cammino.
Ricordai che raccontava quelle storie guardando ciascuno di noi negli occhi, mentre le animava agitando le mani in aria.
Mi divertiva vederlo agitare le sue mani, come mi divertivano le sue storie, anche se di divertente avevano ben poco.
«Ricordate, bambini. La speranza, in un uomo, è l’ultima cosa a morire» disse una sera dopo aver concluso quei racconti della buonanotte.
Udendo quelle parole ed essendo solo una bambina, non compresi bene cosa avesse voluto intendere.
Lì per lì, pensai che fossero solo le parole di un anziano che aveva bisogno di parlare con qualcuno e trasmettere qualcosa che avrei compreso solo in seguito.
Col tempo, infatti, ebbi l’occasione di riflettere su quelle parole che mi tornarono stranamente in mente proprio mentre mi trovavo su quella spiaggia, e compresi che quell’anziano aveva ragione.
Compresi che un uomo poteva vivere nutrendo ed alimentando la speranza di un mondo migliore.
Ma quando quell’uomo sarebbe morto, quella speranza sarebbe riuscita a sopravvivergli e non sarebbe mai svanita.
Magari, conclusi, quella speranza sarebbe stata trasmessa a qualcun altro, in modo da tenerla in vita.
Jack, anche se non era ancora morto, aveva nutrito quella speranza di un mondo migliore che lo spinse ad affrontare la violenza e la follia che dominava le terre devastate.
Si era fatto strada tra Signori della Sabbia, mangiatori di uomini e predoni, con coraggio e determinazione, fino a raggiungere la costa dove credeva che la civiltà fosse risorta come un tempo.
Ma, purtroppo per lui, trovò solo altri uomini malvagi che sopravvivevano con la violenza in quel mondo sempre più diverso da quello che era stato seppellito sotto la sabbia.
Con le pistole in mano, rivolte verso quegli uomini che stavano correndo sulla spiaggia nella nostra direzione, stava cercando di fermarli dopo avermi scaraventato a terra con una manata.
Mi ritrovai seduta sulla sabbia, paralizzata e con lo sguardo rivolto verso quell’uomo, per tutto il tempo che tentò di fermare quella gente che correva contro di noi.
Lo ammirai mentre armeggiava le sue pistole, mirando e sparando contro chiunque capitasse nel suo mirino, fino a quando mi accorsi di un altro gruppo di uomini provenienti dalle sue spalle.
«Jack! Ne stanno arrivando altri! Laggiù!» urlai a quell’uomo che mi aveva salvato dalla tirannia di Wilson, il Signore della Sabbia di WilsonTown.
Jack, senza demordere e senza lasciarsi scoraggiare, allargò le braccia e ruotò sui suoi piedi per mettersi di traverso.
Puntò una pistola contro il primo gruppo apparso sulla nostra strada e l’altra sul secondo.
Quell’uomo era meraviglioso.
Puntava e sparava in ogni direzione con estremo coraggio.
Si voltava sulla sua destra, mirava e sparava.
Poi si voltava sulla sua sinistra, dove compiva la stessa cosa.
Andava avanti con coraggio, con quella danza ritmata dal suono di colpi di pistola, mentre la sabbia si sollevava intorno a lui, coprendo leggermente le sue gambe e parte del suo corpo.
«Marion! Svegliati e ricarica le pistole!» mi urlò contro Jack, facendomi ritornare nel mondo reale.
Scrollai il capo per abbandonare i miei pensieri e trovai sulla sabbia, tra i miei piedi, le due pistole che aveva usato fino a pochi istanti prima, con la sacca dove custodiva le munizioni nelle vicinanze.
Sollevai lo sguardo per rivolgerlo verso quell’uomo che continuava a lottare come un leone, usando il fucile a pompa, il quale disponeva di soli otto colpi, sparando prima da un lato e poi dall’altro.
Con uno scatto della schiena, mi piegai in avanti e afferrai le due pistole con la sacca.
Tolti i caricatori vuoti, presi quelli pieni e li inserii nel loro alloggiamento facendo più in fretta che potevo.
«Jack! Le pistole!» urlai a quell’uomo.
Lui si voltò di scatto verso di me e mi lanciò il fucile ormai scarico, mentre io lanciai le due pistole verso le sue mani che teneva aperte e rivolte verso di me.
Rimasi con lo sguardo rivolto verso quelle armi in volo, le quali si incontrarono a mezz’aria e si salutarono, mentre il fucile andava a cadere sulla sabbia, tra le mie gambe, e Jack afferrava le due pistole con le mani.
Allargò nuovamente le braccia e tornò a sparare contro quegli uomini che non riuscivano ad avvicinarsi a noi.
Dalla sacca ai miei piedi presi le munizioni del fucile ed iniziai a caricarle al suo interno.
Caricai il colpo in canna e mi rotolai sulla sabbia per portarmi alle spalle di Jack che continuava a tenere a bada quegli uomini che correvano contro di noi.
Sollevatami in piedi, mi posizionai alle sue spalle ed iniziai a sparare contro gli uomini che provenivano dalla nostra destra, mentre Jack si preoccupava di quelli che arrivarono appena ci trovammo su quella spiaggia.
«Marion! Sono a corto di munizioni!» urlò Jack da dietro le mie spalle.
«Anche io! Mi rimangono un paio di colpi in canna!» gli risposi mentre puntavo il fucile contro un uomo che si era avvicinato troppo a noi.
«Ce la faremo, Marion! Non arrenderti!» urlò dopo aver lanciato a terra una delle pistole ormai scariche.
«Lo so!» risposi dopo aver sparato l’ultimo colpo.
Abbassai il fucile e cercai freneticamente delle munizioni nella tasca della giacca, ma senza trovarne.
Spaventata, rimasi con lo sguardo rivolto verso il fucile che avevo in mano, quando udii delle urla che si stavano avvicinando a me.
Sollevai lo sguardo per vedere cosa stesse accadendo e vidi un uomo che stava correndo contro di me con in mano un grosso coltello, sollevato sopra la testa per prepararsi a colpirmi.
Disperata e spaventata dalla vista di quella minaccia, rovistai nuovamente nelle tasche in cerca di munizioni per il fucile, mentre quell’uomo era sempre più prossimo a colpirmi con la sua lama.
Quando si trovò a pochi metri da me, rimasi paralizzata con lo sguardo rivolto verso di lui.
All'improvviso vidi schizzare del sangue dalla sua testa.
Incredula di fronte a quanto stava accadendo, spalancai gli occhi e osservai quell’uomo mentre cadeva a terra sollevando schizzi d’acqua mista a sabbia.
Abbandonai la vista di quell’uomo, che veniva bagnato dalle onde del mare che portavano via una scia di sangue, e mi voltai sulla mia destra.
Sulla spiaggia, trovai degli uomini apparsi dal nulla, con alle spalle dei veicoli, che stavano puntando i loro fucili contro quelli che ci stavano assalendo su quella spiaggia.
«Jack!» urlai senza distogliere lo sguardo da quegli uomini che avanzavano verso di noi.
«Jack!» urlai nuovamente.
***** Jack *****
«Cosa vuoi, Marion!» risposi alla donna che stava urlando continuamente il mio nome, mentre sparavo gli ultimi colpi della mia pistola contro i nostri assalitori.
«Stanno arrivando altri uomini!» rispose la donna.
Udite quelle parole, smisi di sparare e mi voltai sulla mia sinistra, dove trovai degli uomini armati che stavano avanzando contro di noi, puntando i loro fucili contro quelli che ci stavano assalendo fino a poco prima.
Divisi in due gruppi, formati da cinque uomini ciascuno, avanzavano sulla sabbia, sparando contro quei selvaggi assetati del nostro sangue, dei quali ne rimanevano ancora pochi in piedi.
Al centro di quei gruppi, vidi la presenza di un uomo che si stava dirigendo verso di noi, tenendo lo sguardo fisso su di me.
«E adesso? Cosa facciamo?» chiese Marion.
«Adesso? Ci arrendiamo» risposi, mentre riponevo la pistola nella fondina.
Sollevai le mani fin sopra la testa, cosa che fece anche la donna al mio fianco, e osservai quell’uomo mentre si avvicinava sempre più, mostrando un sorriso in volto e tenendo un sigaro in mano.
Fermatosi a pochi metri da noi, appoggiò il suo sguardo su di me, continuando a fumare quel sigaro che aveva in mano, fino a quando lo spostò per rivolgerlo verso Marion.
«Voi due! Siete riusciti a dare del filo da torcere a quei predoni… notevole!» fece quel tizio, dopo essere tornato con lo sguardo verso di me, mentre muoveva la mano per indicare sia me che Marion.
Non dissi nulla alle sue parole e rimasi con lo sguardo fisso su quell’uomo che avevo di fronte, cercando di prepararmi al peggio.
«Quelle… le potete anche abbassare» aggiunse, indicando le nostre mani.
Mi voltai verso Marion, che a sua volta si era voltata verso di me, e le feci segno di abbassare le mani.
«Chi siete?» domandò la donna dopo essere tornata con lo sguardo su quello strano uomo.
«Sono Charles… quelli sono i miei uomini… voi chi siete? Da dove venite?» chiese rivolgendosi alla donna, mentre mi limitavo a osservare lui e la sua gente, che stava controllando che non ci fossero altri predoni in vita.
«Sono Marion… lui è Jack… veniamo da sud» rispose la donna senza fornire troppi dettagli a quell’uomo.
«Da sud… dici… quindi avete attraversato le terre devastate… da soli… interessante» fece lui, dopo aver tirato una boccata di fumo dal suo sigaro.
«Ci avevano detto che la civiltà era risorta come un tempo da queste parti… eppure abbiamo trovato questa accoglienza» fece Marion, indicando i corpi dei predoni che ci avevano assaliti al nostro arrivo.
«Quelle voci dicevano il vero… la civiltà è risorta, mia cara… o meglio… sta risorgendo» fece lui, sicuro di sé.
«Cosa intendi dire?» domandai, incuriosito dalle sue parole.
«Vengo dal Quartiere… abbiamo allestito un villaggio in un quartiere periferico di quella città» rispose, indicando le macerie della città che avevo intravisto mentre mi avvicinavo a quella spiaggia.
«Siamo una piccola comunità, circa duecento persone, e accogliamo chiunque voglia darsi da fare per far tornare la civiltà che è andata distrutta» aggiunse, mentre osservavo quella città lontana diversi chilometri dalla nostra posizione.
«Con le radiazioni? Immagino che quella città sia stata colpita dalle testate nucleari» dissi, indicando la città.
«Sì, hai ragione, quella città è stata colpita… ma il nostro Quartiere è ben riparato dalle radiazioni… puoi credermi» rispose, dopo aver tirato una boccata di fumo dal suo sigaro.
«Allora? Vi interessa? Ci farebbero comodo due persone come voi… avrete munizioni… cibo… un tetto sulla testa… insomma, avrete un posto sicuro in cui vivere» fece poco dopo.
Naturalmente, la sua offerta mi interessava; non avrei compiuto un viaggio così difficile se non avessi avuto la speranza di trovare un posto dove vivere.
Abbassai lo sguardo per osservare le sue mani e successivamente le sue ginocchia.
Mi tranquillizzai nel notare che non mostrava strani tremolii nel corpo che avrebbero potuto farmi pensare che quella gente si nutrisse di carne umana.
Quelle persone sembravano a posto, almeno per il momento.
«Va bene… verremo a dare un’occhiata… se ci piacerà… rimarremo con voi» annunciai, dopo aver ispezionato il suo corpo da cima a fondo.
«Siete i benvenuti» disse accennando ad un sorriso, prima di voltarsi verso i suoi uomini.
«Date loro delle munizioni e vedete di seppellire quei poveracci appesi a quelle palizzate! Partenza in trenta minuti!» ordinò ai suoi uomini.
Ricevuto quell’ordine, gli uomini di Charles smisero di controllare i cadaveri dei predoni.
Si diressero poi verso quelle palizzate, dove quei poveracci erano stati lasciati a marcire sotto la luce del Sole, con quei gabbiani che si nutrivano delle loro carni.
Rimasi in silenzio ad osservare quella gente, con Marion al mio fianco, mentre mi chiedevo se quella comunità fosse la fonte di quelle voci che mi avevano condotto sin lì.
Ma, pensai, lo avrei scoperto molto presto.
Avrei dovuto solamente aspettare che quella gente avesse finito con quelle sepolture e mi avesse condotto al loro villaggio.
Solo allora avrei scoperto quanto ci fosse di vero in quelle voci e se quello era il posto che stavo cercando da tanto tempo.
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